[Furius Khahn Van Karel]Era un pò scontato da dire e da pensare, ma la villa all'interno appariva molto più grande di quanto potesse sembrare dall'esterno delle sue mura. Vi si sviluppavano saloni, scale e lunghi corridoi fiocamente illuminati, il che gli permetteva di giocare con i coni di oscurità che venivano creati, scivolando di ombra in ombra attaversando i vari ambienti.
Che cosa era più importante di ogni altra cosa in quella notte? Mai come prima d'ora si rendeva conto che la conoscenza era capace di spingere gli individui a compiere qualsiasi cosa pur di ottenerla, molto più che una semplice ambizione. Non erano coloro che desideravano una villa tranquilla ed agiata a compiere orrendi sacrifici e le più efferate nefandezze, ma persone disposte a superare i loro limiti di esseri mortali pur di afferrare l'unica cosa che permetteva loro di avvicinarsi al divino: la conoscenza. E
questa conoscenza era capace di affondare le sue radici in qualcosa che esulava le divinità stesse, o almeno tale era la sensazione che lo pervadeva. Come si comporta una persona quando si rende conto di sapere cose che non ha mai visto, né letto da nessuna parte? Non si poteva neanche parlare di una sorta di memoria ancestrale, ma di qualcosa che gli si era lentamente disegnato nella mente, da mani sconosciute. La consapevolezza di qualcosa di immensamente grande, sconosciuto e spaventoso si affacciava nei suoi pensieri, ed il giovane umano altro non poteva fare che cercare la cosa verso cui questa sensazione puntava. Era sull'orlo di qualcosa di terribilmente importante, che lo attirava con una forza ineffabile e sempre più grande. Quel libro gli avrebbe dato delle risposte, e sapeva già che lo avrebbero condotto in cima ad un altare da cui avrebbe potuto vedere le cose in un modo completamente diverso, anche se l'abisso della follia si stendeva proprio di fronte a sé.
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Aveva esplorato a lungo la villa, incrociando persino diverse librerie che aveva esaminato con attenzione maniacale, e con altrettanta furtività aveva ridisposto il loro contenuto al suo posto. Si era imbattuto anche in diversi oggetti d'arte piuttosto interessanti, in quanto le sue doti di estimatore non si erano assopite da quando era stato allevato come apprendista mercante dal padre adottivo, ma non aveva concesso loro niente più di un'occhiata particolarmente bramosa. Per fortuna sembrava che quella notte gli inquilini dormissero di un sonno lungo e sereno, perché diverse volte aveva pensato di potersi trovare faccia a faccia con possibili prede dello "spuntino di mezzanotte". Ma tutto era sempre andato liscio come l'olio, ed ormai il cielo stava cominciando ad albeggiare. Non aveva più molto tempo a disposizione, e gli mancava ancora almeno un piano più in alto, sempre che non possedesse un sottotetto - cosa molto probabile.
Ordunque, si apprestò ad arrampicarsi su per l'ennesima rampa di scale di pietra, facendo frusciare in modo impercettibile il lungo mantello scuro. L'ambiente qui gli appariva leggermente più comodo ed informale, anche se avvolto da un'onnipresente eleganza, quasi ostentata ad emblema di chi viveva tra quelle mura. E passo dopo passo, si avvicinò ad una luce provenire da una stanza come tante altre, se non posse stato proprio per quel lucore sospetto. Doveva forse pensare che qualcuno era già sveglio? Sarebbe stato davvero un problema imbattersi in esso, ma era pronto a metterlo di nuovo a dormire in modi poco delicati. In ogni caso non avrebbe mai tentato di ucciderlo. Era già pronto ad infrangere un suo codice: se avesse trovato quel libro non avrebbe avuto problemi ad infilarlo sotto al mantello e darsela a gambe, perciò, non sentiva il bisogno di andare ancora oltre i suoi dettami. Le armi infatti servivano più come deterrente, ed ormai era un vizio portarle con sé.
Evitò la lama di luce che veniva proiettata oltre la porta e vi si avvicinò lentamente rimanendo nell'ombra che dominava ancora l'ambiente, cercando di allungare lo sguardo all'interno della stanza. E là, rischiarata dalla tenue luminescenza dell'alba, vi trovò chi non avrebbe mai desiderato vedere. Non in quell'occasione. Non così presto.
Si portò una mano a coprire il volto, in un'espressione spazientita.
« Villa May. QUELLA May. Avrei dovuto pensarci, ma sarebbe stato comunque troppo assurdo. », si disse il ragazzo, mentre la mano scivolava dal viso nascosto dal cappuccio, e seguitava ad avanzare verso la stanza.
Era ormai sull'uscio, ancora dietro la porta e pronto a sporgervisi. La sua mente viaggiava ancora, ma non aveva voglia di star a pensare a possibili risoluzioni. Ben poco conservava importanza di fronte a quel libro.
« Non tutti i mali vengono per nuocere. E forse questo non è neanche un male. Il fatto che sia lei potrebbe addirittura facilitare la cosa... Ma meglio non spaventarla. »Detto ciò, l'umano sollevò il pugno destro a coprire la bocca, e si annunciò con un colpetto di tosse imbarazzato. Aveva intravisto la ragazza china su una vasca, e gli era bastato poco per notare che aveva il respiro affannoso e profondo, che adesso poteva percepire con chiarezza. Non sapeva perché, ma decisamente non era nelle migliori condizioni. Così, come quando si tratta con un animale ferito, voleva procedere a piccoli passi.