† .Villa May. †

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[».Leila~.]
view post Posted on 29/1/2010, 22:56






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Villa May sembrava immensa.
Ad occhi comuni non sarebbe sembrata affatto una villa, ma un vero e proprio castello in miniatura.
Le mura di mattoni erano tutte color avorio, mentre i tetti si tingevano di una scura tonalità di blu.
Un numero indefinito di finestre arricchiva l'architettura, tutte di diverse forme e dimensioni - mentre più in basso si trovavano piccoli balconcini e il giardino tinto di un ricco verde.
Era un giardino curato, tagliato all'inglese, ricco d'erba e privo di fiori.
Sullo stesso campo d'erba, appena dietro le mura del castello, vi si poteva trovare un roseto di circa cento metri quadri;
esso sembrava comprendere moltissimi tipi di rose, ognuna caratterizzata da una cromatica e gradevole sfumatura di colore.
L'architettura esterna si presentava raffinata, sicuramente aristocratica ed elegante, quasi a voler incantare gli occhi di chi vi si trovava ad osservarla.
Sembrava una casa fin troppo grande per una persona sola.


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Il Passato.

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el buio più totale troneggiava quella stanza, adornata di specchi dalle più diverse fatture e dimensioni, grande quanto una sala da ballo, eppure spoglia e malinconicamente priva di invitati. Al centro sempre lei, adagiata su di una poltrona in velluto; stanca di tutto e soprattutto dei continui fallimenti.

CRASH!

Gli specchi andarono in frantumi all’unisono, riversando schegge in quell’improvvisata sala da ballo. La consapevolezza della catastrofe imminente le diede il colpo di grazia; ancora una volta pagava caro il suo essere impotente di fronte agli eventi.



"Giusto il tempo di vederla voltarsi allarmata. Solo quello. Lo sguardo di puro terrore.
b a n g .
Con un tonfo macabro, il suo corpo femmineo si affloscia sull'asfalto innevato, sporcando il muro, la porta e la neve... dal suo cuore sgorga la scarlatta linfa.
Mi avvicino a lei, chinandomi sul suo petto. Sfioro con la punta delle dita della mano sinistra il foro perfettamente circolare che le orna il petto. Il sangue macchia le mie dita, scorre sulle mie unghie.
Che smalto perfetto. Del colore giusto.. nè troppo scuro, nè troppo acquoso.
Lo assaggio, rialzandomi. E mi sembra improvvisamente dolcissimo, il sapore di quel
sangue.
Mi allontano a larghi, tranquillissimi passi, la pistola ancora nella mano destra.
Immagino che non ci sentiremo più per un bel po', non è vero, Vittima?"





Il Presente.



Afrodite fissava con occhi sgranati il soffitto alto e decorato della propria stanza, distesa sul letto, i lunghi capelli rossi sparpagliati su un cuscino. Vestita esattamente come prima del combattimento, i graffi e i tagli ancora presenti sul suo corpo femminile, avevano smesso di bruciare.

Era ancora viva?

Poteva ancora sentire i colpi di Cecilia inferti sulla schiena e sul petto, colpi che la investivano e ne bruciavano le carni e l'urlo raccapricciante della sua mente. Eppure era ancora lì, come se non si fosse mai mossa da quel luogo, come se tutto fosse stato solo un brutto sogno. Alzatasi, poggiò la schiena al muro, iniziando a ridere senza più fermarsi.
Ma certo… un sogno. Un essere del genere non poteva esistere. Non aveva senso un mostro senza sangue. Non aveva senso una creatura invincibile. Era tutto un dannato incubo. Era forse la prova per poter accedere al torneo? L’aveva superato o ne era uscito sconfitta? Continuò a ridere senza ritegno, prima di ritornare a distendersi sul letto. Allora avrebbe compreso che quell’esperienza di sogno aveva in comune soltanto l’assurdità.

Eppure, tutto ciò che gli importava era un’unica cosa. Era ancora viva.

E questo bastava.







Edited by [».Leila~.] - 31/1/2010, 18:16
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 28/11/2010, 17:00




elle stanze aleggia solamente l'ombra di un ricordo.
Una fragranza fiorata che parla di drappi scarlatti e sorrisi rubati.
Ma non c'è più la sua ombra silenziosa nei corridoi su cui cala lentamente la sera, non c'è più la sua danza sfrenata accanto ai fuochi. Ma solo qualcuno si accorgerà realmente della sua assenza.
Qualcuno che ha saputo sfiorare la sua pelle leggendovi antichi segreti come su una pergamena di valore, qualcuno che con le proprie dita ha modellato il sudore sul suo volto e ha scacciato gli incubi dalla sua anima rovente.
Che ha preso tutto da lei, lasciandole un dono molto pericoloso.
Dove sei?
Questo si domanderà un giorno una voce.
Ma tu non la sentirai, non sentirai il grido di colui che finalmente ha scelto te.
Tu che credi nessuno possa amarti. Tu che pensi di non poter più amare.
Sterile come un deserto, fertile come la primavera.
Dove sei?
Questa la domanda che si sparge come il tuo profumo nell'aria immobile.
Ma non puoi darle risposta.
E in luogo dei sussurri, delle Voci, risponde solamente il silenzio.



 
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view post Posted on 28/11/2010, 23:31

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[Furius Khahn Van Karel]

Tutt'intorno alla villa il buio era quasi totale, appena rischiarato da una misera falce di luna. Campo libero per Furius, che aveva abbandonato poco prima l'ingombrante zaino senza però fare altrettanto col suo equipaggiamento, ed ora avanzava lungo il viale che lo avrebbe condotto alla villa avvolto nel suo mantello con lo scudo a tracolla sullo stesso, stringendone i lembi attorno alla sua figura. Nonostante tutto il palazzo risaltava comunque all'occhio, poiché la costruzione era costituita da mattoni ben visibili grazie ai pallidi raggi di luce che riflettevano, coadiuvati dalle sue imponenti dimensioni. Quand'ecco che raggiunse il limite esterno del giardino, cominciò a scrutare le numerosissime finestre che adornavano tutte le sue facciate ed i suoi balconi; tutti possibili accessi molto importanti, perché permettevano di accedere agli ambienti interni risparmiandosi di esplorare il palazzo stanza per stanza. L'idea però lo infastidiva alquanto, dato che il suo braccio preferito non era nelle condizioni migliori, ma non lo demoralizzava: un edificio del genere offriva comunque decine e decine di ingressi alternativi, e a lui stava solo di scoprirli.
Rallentò il passo e sguainò la spada, quindi la protese inclinata davanti a sé con la punta irivolta verso il basso. In questo modo la lama avrebbe potuto incontrare i fili di metallo che azionavano le trappole meccaniche di cui lui era un discreto conoscitore, prima che ci potesse inciampare dentro con effetti disastrosi. Ma chi abitava in quella villa sembrava non fare uso di tali dispositivi di sicurezza, dato che non si imbattè in nessun filo in tensione, o glifi incantati, o attivatori a pressione. Dunque aveva finalmente attraversato il giardino, meraviglioso anche se il suo sguardo non poteva vagare nelle ombre più buie, ed era giunto sotto i muri del palazzo. Fece un rapido giro d'ispezione in cerca di eventuali ingressi secondari, o a qualunque altra cosa che fosse stata meno ovvia del portone principale... Ma quando lo trovò si concesse di valutare anche la soluzione più ovvia, anche se non lo avrebbe portato alla risoluzione del suo problema, più per sfizio che per altro. Rinfoderò la sciabola e varcò le colonne dell'ingresso fin dentro l'androne lluminato da alcune lanterne appese, che in fondo custodiva il portone principale. Scivolando di ombra in ombra con passo leggero, la raggiunse e la esaminò alla ricerca di trappole, non riscontrando anche su di essa la presenza di alcun ingranaggio o di eventuale veleno sparso sulla maniglia. Dunque girò la maniglia, e con sgomento vide che la porta cedeva alla sua spinta, aprendosi sull'ambiente interno. Prese un lungo respiro e con circospezione varcò il portale, penetrando nella stanza e guardandosi attorno. Chiuse la porta, dunque, e cercò di rilassarsi mentre si univa alle ombre di quel luogo, muovendo i primi leggerissimi passi all'esplorazione della villa.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 28/11/2010, 23:51




urioso. Stava sdraiata tra le coperte scarlatte.
Sola.
Sola?
La mano scivolava sul ventre nudo prima con rabbia, le unghie a infilarsi nella pelle prepotenti. Poi con improvvisa dolcezza. Gli occhi assorti fissavano la penombra dell’alba. Non era mai rimasta sola in quell’ora di ricordi tristi, di tempo che scivolava sotto i palmi come una marea in procinto di ritirarsi. Non era mai stata cosi sola. Le dita si fermarono sull’ombelico, quasi fosse un occhio da chiudere, quasi qualcuno da dentro potesse guardare al di fuori e vedere quanto il mondo fosse affascinante nel proprio gioco di colori dorati. Mancava qualcosa in quella quiete sorniona, qualcosa in grado di farla sentire gelida e accaldata al tempo stesso. Si mosse, mettendosi a sedere, guardando intensamente la salvietta che si era cinta in vita qualche ora prima, dopo il bagno. Un bagno bollente, tanto che ancora le nocche delle dita e le caviglie erano arrossate. Un bagno inutile, nonostante la speranza che vi aveva riposto. Quella salvietta era candida, perfettamente candida. Vi poggiò i polpastrelli.
No, non erano i suoi occhi ad ingannarla.
In pochi passi affrettati era davanti allo specchio, completamente indifferente ai morsi pungenti del freddo autunno. Guardava gli occhi riflessi, cercandovi segni di cedimento, di quell’aria che aveva tante volte sentito descrivere dalla madre.
L’aria raggiante.
Storse la bocca e piccole rughe di sarcasmo le deformarono le guance.
Impossibile notare la differenza, naturalmente. Impossibile in così poco tempo. I muscoli tesi sui fianchi sensuali, la vita affusolata di libellula, il ventre piatto e liscio, nulla sembrava essere cambiato. Nulla nel suo corpo veniva riflesso diversamente ad quanto fosse abituata a vedere. Ma sotto la pelle? Avvolto in quel tepore naturale? Cosa stava crescendo?
Una pianta parassita, un’edera in grado di rovinarla.
Indossò le scarpe scarlatte e una vestaglia candida. Non era forse un lieve dolore alla schiena quello che percepiva camminando ossessivamente da una parte all’altra? Non era forse nausea quella che le stringeva la gola, obbligandola a sostenersi alla parete per non doversi sedere? Aveva cercato di scacciare il sospetto, divenuto poi una certezza. E alla fine aveva tentato di capire chi potesse essere, insieme a lei, responsabile di quel guaio.




hi?
Poggiò la fronte sul muro freddo. Non era stato d’aiuto giungere alla conclusione.
Molti erano stati i suoi amanti. Molti si erano alternati e avevano avuto modo di carezzare la sua pelle tiepida. Pochi volti si erano presentati alla sua memoria. Pochi sorrisi. Poche moine. Perché? E allora non era stata lungimirante, neppure furba. Allora aveva solo pensato a zittire le Voci e forse a qualcosa in più, forse a un divertimento selvaggio, bestiale, di cui solo una come lei avrebbe potuto essere capace. Ecco, ora, le conseguenze. Aveva giocato con il fuoco e si era scottata. E in una serie di notti terrificanti aveva realizzato che non ci sarebbe stato perdono per lei. E sarebbe stata una morte lenta e dolorosa, straziante quanto lo era stata la vita, contrappasso di quei pochi attimi privi di pensiero. Perché non bisogna toccare la mela succulenta sul ramo. Bisogna ignorarla. O ci si accorgerà di essere nudi.
Le girava la testa. Si piegò in avanti sulla vasca di marmo ancora piena di acqua ormai tiepida. Vomitò senza trattenersi, i capelli incollati al volto sudato per il terrore. Ricordava ancora quella paura tanto peculiare, quella in grado di penetrare nelle ossa ad un solo sguardo. L’avrebbe sfiorata e lei sarebbe morta più e più volte di pura angoscia. Soffocò il grido, sentendo il sapore acre diffondersi sulla lingua. I suoi vestiti erano appoggiati da qualche parte in quella stanza, ma non li avrebbe utilizzati. Sarebbe scivolata nelle tenebre, vestita di nero e ammantata dello stesso colore. Come una principessa in esilio. Colli alti, vesti ampie, avrebbe nascosto la pericolosa trasformazione che stava sbocciando come una rosa nella Rosa.





nspirò con forza l’odore di sudore, paura, preda braccata, malessere dolciastro di quella stanza. E il proprio profumo fiorato ormai distorto. Avrebbe potuto ridere se quella situazione fosse capitata ad un’altra.
Ma stranamente, in quei secondi terribilmente veloci, non riusciva a trovarne il motivo.


 
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view post Posted on 3/12/2010, 20:01

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[Furius Khahn Van Karel]

Era un pò scontato da dire e da pensare, ma la villa all'interno appariva molto più grande di quanto potesse sembrare dall'esterno delle sue mura. Vi si sviluppavano saloni, scale e lunghi corridoi fiocamente illuminati, il che gli permetteva di giocare con i coni di oscurità che venivano creati, scivolando di ombra in ombra attaversando i vari ambienti.
Che cosa era più importante di ogni altra cosa in quella notte? Mai come prima d'ora si rendeva conto che la conoscenza era capace di spingere gli individui a compiere qualsiasi cosa pur di ottenerla, molto più che una semplice ambizione. Non erano coloro che desideravano una villa tranquilla ed agiata a compiere orrendi sacrifici e le più efferate nefandezze, ma persone disposte a superare i loro limiti di esseri mortali pur di afferrare l'unica cosa che permetteva loro di avvicinarsi al divino: la conoscenza. E questa conoscenza era capace di affondare le sue radici in qualcosa che esulava le divinità stesse, o almeno tale era la sensazione che lo pervadeva. Come si comporta una persona quando si rende conto di sapere cose che non ha mai visto, né letto da nessuna parte? Non si poteva neanche parlare di una sorta di memoria ancestrale, ma di qualcosa che gli si era lentamente disegnato nella mente, da mani sconosciute. La consapevolezza di qualcosa di immensamente grande, sconosciuto e spaventoso si affacciava nei suoi pensieri, ed il giovane umano altro non poteva fare che cercare la cosa verso cui questa sensazione puntava. Era sull'orlo di qualcosa di terribilmente importante, che lo attirava con una forza ineffabile e sempre più grande. Quel libro gli avrebbe dato delle risposte, e sapeva già che lo avrebbero condotto in cima ad un altare da cui avrebbe potuto vedere le cose in un modo completamente diverso, anche se l'abisso della follia si stendeva proprio di fronte a sé.
-
Aveva esplorato a lungo la villa, incrociando persino diverse librerie che aveva esaminato con attenzione maniacale, e con altrettanta furtività aveva ridisposto il loro contenuto al suo posto. Si era imbattuto anche in diversi oggetti d'arte piuttosto interessanti, in quanto le sue doti di estimatore non si erano assopite da quando era stato allevato come apprendista mercante dal padre adottivo, ma non aveva concesso loro niente più di un'occhiata particolarmente bramosa. Per fortuna sembrava che quella notte gli inquilini dormissero di un sonno lungo e sereno, perché diverse volte aveva pensato di potersi trovare faccia a faccia con possibili prede dello "spuntino di mezzanotte". Ma tutto era sempre andato liscio come l'olio, ed ormai il cielo stava cominciando ad albeggiare. Non aveva più molto tempo a disposizione, e gli mancava ancora almeno un piano più in alto, sempre che non possedesse un sottotetto - cosa molto probabile.
Ordunque, si apprestò ad arrampicarsi su per l'ennesima rampa di scale di pietra, facendo frusciare in modo impercettibile il lungo mantello scuro. L'ambiente qui gli appariva leggermente più comodo ed informale, anche se avvolto da un'onnipresente eleganza, quasi ostentata ad emblema di chi viveva tra quelle mura. E passo dopo passo, si avvicinò ad una luce provenire da una stanza come tante altre, se non posse stato proprio per quel lucore sospetto. Doveva forse pensare che qualcuno era già sveglio? Sarebbe stato davvero un problema imbattersi in esso, ma era pronto a metterlo di nuovo a dormire in modi poco delicati. In ogni caso non avrebbe mai tentato di ucciderlo. Era già pronto ad infrangere un suo codice: se avesse trovato quel libro non avrebbe avuto problemi ad infilarlo sotto al mantello e darsela a gambe, perciò, non sentiva il bisogno di andare ancora oltre i suoi dettami. Le armi infatti servivano più come deterrente, ed ormai era un vizio portarle con sé.
Evitò la lama di luce che veniva proiettata oltre la porta e vi si avvicinò lentamente rimanendo nell'ombra che dominava ancora l'ambiente, cercando di allungare lo sguardo all'interno della stanza. E là, rischiarata dalla tenue luminescenza dell'alba, vi trovò chi non avrebbe mai desiderato vedere. Non in quell'occasione. Non così presto.
Si portò una mano a coprire il volto, in un'espressione spazientita. « Villa May. QUELLA May. Avrei dovuto pensarci, ma sarebbe stato comunque troppo assurdo. », si disse il ragazzo, mentre la mano scivolava dal viso nascosto dal cappuccio, e seguitava ad avanzare verso la stanza.
Era ormai sull'uscio, ancora dietro la porta e pronto a sporgervisi. La sua mente viaggiava ancora, ma non aveva voglia di star a pensare a possibili risoluzioni. Ben poco conservava importanza di fronte a quel libro. « Non tutti i mali vengono per nuocere. E forse questo non è neanche un male. Il fatto che sia lei potrebbe addirittura facilitare la cosa... Ma meglio non spaventarla. »
Detto ciò, l'umano sollevò il pugno destro a coprire la bocca, e si annunciò con un colpetto di tosse imbarazzato. Aveva intravisto la ragazza china su una vasca, e gli era bastato poco per notare che aveva il respiro affannoso e profondo, che adesso poteva percepire con chiarezza. Non sapeva perché, ma decisamente non era nelle migliori condizioni. Così, come quando si tratta con un animale ferito, voleva procedere a piccoli passi.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 3/12/2010, 20:20




on avrebbe mai potuto dimenticarla. Quella creatura viva, candida, vincente, che nelle leggende aveva sempre la meglio sui nemici.
Non avrebbe mai potuto scordarsi di lei. No mai. E del suo profumo. Un misto di sudore e fiori, come se fosse rimasta a prendere il sole su un prato e ancora tiepida se ne fosse andata, dimenticando di lavarsi nell’acqua limpida della fonte. Sarebbe stata una spiegazione romantica e pittoresca, se in lei ci fosse stato qualcosa di limpido o anche solo di colorato.
Aveva sbattuto le palpebre una, due volte, prima di accorgersi che alla porta vi era un individuo. Perchè era lì?
Perchè?
Se lo chiese, mentre si asciugava con la morbida salvietta, osservando distrattamente il vestito ripiegato sulla sedia di legno massiccio. Il suo volto era assente, lo sguardo vuoto, schermo indifferente della miriade di paure e angosce che la animavano. Si alzò in piedi, uscendo dal proprio bagno con passi lenti e pesanti.
« Che diavolo ci fai qui? »
L'intimità tra loro era svanita, se mai era esistita. Ora c'era soltanto un muro, riflesso in quel volto immutato. Ora non c'era più sensualità nella sua voce, ma un timbro pratico appena venato di sarcasmo. Alzò lo sguardo su di lui, come un macigno pronto a sfracellare una formica. Strinse i denti e i suoi tratti si animarono improvvisamente, lasciando intuire all'interlocutore un lembo dell'inferno nascosto in quell'anima.




 
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view post Posted on 3/12/2010, 22:02

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[Furius Khahn Van Karel]

Dapprima dei passi lenti, stanchi. Poi la porta si schiuse completamente, e suI suo uscio apparve finalmente la figura della ragazza, distrutta, scossa da qualcosa della cui entità non era minimamente in grado di afferrare. Ma doveva essere dannatamente importante: I suoi occhi erano vacui. Era quasi un peccato vederla in quelle condizioni. Sulla spiaggia si era abituato a ben altra ragazza, e questa gli appariva estremamente discordante con quella visione. Persino quando era riuscito a porre fine al loro scontro, delle pericolose braci continuavano ad ardere all'interno dei suoi occhi. Afrodite sembrava davvero sul punto di esplodere, e solo gli dèi sapevano di cosa era capace quella ragazza quando si arrabbiava sul serio. May, tale il cognome del Condottiero dell'Armata Aymar. Queste le informazioni di cui era venuto in possesso, che la identificavano come una personalità molto importante e che spiegavano la magnificenza della sua dimora.
A parte il fatto che sembrava reduce da una sbronza colossale, sembrava stare bene. Sotto l'abito bianco non notava più le bende che lui stesso aveva posto, il che suggeriva che la ragazza avesse doti curative, o che fosse molto più di quello che lasciava intendere dal suo aspetto. Ma doveva saltare i convenevoli e andare dritto al punto. Si concesse solamente di togliersi il cappuccio, e di far emergere le braccia dalle falde del mantello che avvolgeva per far si che entrambe le mani potessero essere in vista. Però non poteva fare altrettanto con quella vocina nella sua testa, decisa ad avere l'ultima parola su questa sua ultima decisione.
« Buongiorno. »
« So che avete un libro, preso in prestito dalla biblioteca. Vorrei poterlo leggere. Si intitola "Lo specchio sui mondi - il viaggio tra le esistenze". », disse lui, indagando con lo sguardo gli occhi di Afrodite, rimanendo tuttavia impassibile. Preferiva mostrare una facciata perfettamente neutrale, in modo da non provocarla e non dargli nessun aggancio che potesse distruggere il fragile sigillo che impediva alla rossa di dare sfogo a qualunque cosa avesse dentro.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 5/12/2010, 13:09




on l’avrebbe mai dimenticata, certo che no. Una donna del genere non poteva che essere una nemica, la pedina sbagliata sulla scacchiera, il pezzo da eliminare immediatamente. A patto che ci si riesca. L'uomo si era accorto dell'espressione marmorea su quel volto dai tratti perfetti. Aveva prestato attenzione all'indifferenza dei suoi gesti. E negli occhi le si poteva leggere una fiamma sul punto di essere innescata.
La diplomazia, quale arte squisita!
Esercitata che sia con la minaccia o con l'inganno, con i guanti di velluto o con le staffilate, essa ha sempre una propria particolare attrattiva.
« Ti sei introdotto in casa mia...» il tono di voce si fece piu grave e basso, affilato, rimarcando quella parola
« ...per un LIBRO? »
Le labbra della giovane donna si stirarono in una smorfia di commiserazione e disprezzo. La diplomazia è molto affine alla minaccia, talvolta, ma molto meno utile. Il suo stomaco pareva deciso a rivoltarsi ancora e ancora, come un equilibrista che non sappia rimanere sulla corda fino alla fine dello spettacolo. Ogni pensiero era una lenta, desolante, gemente preghiera. Un no, sussurrato e cantilenato nella semi consapevolezza.
*Dagli quel libro e caccialo fuori. E' tutto molto semplice. Dove sarà adesso quel dannato libro?*
Non aveva voglia di mettersi a cercare. Non era giornata, maledizione! E quell'uomo le stava troppo tra i piedi. Avrebbe vouto ucciderlo. Che sciocca era stata! Le gambe la reggevano a fatica, il corpo scosso da invisibili tremolii. Maledizione. Quanto desiderava mandarlo a quel paese, mandando anche la sua eleganza a farsi benedire!
« Vattene. »
Si decise a replicare con un'unica, stanca parola. Gli diede le spalle, avanzando all'interno della sua camera, il capo basso e lo sguardo in fiamme.
« Potrai sopravvivere anche senza il tuo prezioso libro, per oggi. »
Ringhiò.




 
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view post Posted on 5/12/2010, 18:23

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[Furius Khahn Van Karel]

Fin da quando l'aveva incontrata quella ragazza era stata contemporaneamente spettatrice ed ostacolo dello svolgimento del suo destino. La sensazione che aveva avuto sulla spiaggia si era rivelata esatta, traducendosi nello strano incontro che stava appena vivendo. Era disarmante, ma sul sentiero che doveva condurre quel giovane umano verso la verità si era dapprima imbattuto in quella ragazza, poi il sentiero aveva virato ancora fino a rimetterlo sui passi della rossa. Che probabilmente in quel momento si era notevolmente sforzata per non tirargli un bel pugno sul naso, ma nonostante tutto era stata capace di mantenere un briciolo di autocontrollo, intimandogli semplicemente di togliere le tende. Anzi, per essere un intruso in casa d'altri era stato trattato fin troppo bene.
Eppure non poteva andarsene a mani vuote. Aveva visto un'Afrodite il cui viso rifletteva forse una battaglia interiore, sembrava terribilmente arrabbiata e non aveva voglia di scoprirene il motivo, o da tale rabbia risvegliata sarebbe stato travolto. Furius era quasi lusingato dal fare della ragazza, ma la consapevolezza di essere ad un passo dallo stringere tra le dita la copertina di quel libro premeva più di ogni altra cosa. No, per gli dèi; non ora che sapeva dove cercare.
Furius posò la mano destra sulla porta, aprendola leggermente per potersi sporgere all'interno della stanza, che tuttavia non osava penetrare. « NO! Aspettate. » disse lui, il diniego di un tono piuttosto alto, seguito da qualcosa che aveva riacquistato un minimo di discrezione. « Voi non sapete quanto quel libro sia importante. Vi prego, io DEVO leggerlo...! Devo sapere cosa c'è scritto tra le sue pagine. » proseguì, faticando a restare impassibile. Quel bisogno lo straziava, come artigli che affondavano nella sua mente e scorrevano con lentezza, aprendo ferite pulsanti di un dolore strano. No, decisamente quella ragazza non poteva capire. E nemmeno lui poteva capire la ragazza. Furius senza quel libro non poteva sopravvivere, al contrario di quanto lei stessa aveva affermato con un ringhio; perciò l'umano era stato attento a non rispondere per le rime a quella frase, o la rossa avrebbe potuto usare quella conoscenza a suo vantaggio nei confronti dell'umano stesso. Sperava che le sue parole già pronunciate non costiuissero un indizio rilevante, ma contemporaneamente non pensava di doversi aspettare "bassezze" da parte della ragazza. Inoltre, sembrava troppo impegnata a pensare ad altro. Era conscio di essere solo un fastidio, e che "non era il momento". Ma questo valeva solo per lei.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 5/12/2010, 20:05




l tono di voce dell'uomo fu a dir poco pietoso. Eppure, stridette come carta vetrata sulle sue orecchie. Forse era la debolezza che avvertiva ad infastidirla, ancora una volta. Sentì la nausea risalirle in gola ma per niente al mondo avrebbe fatto sapere a qualcuno qual'era la condizione in cui si trovava. Per un attimo pensò che lui fosse entrato nella stanza e stesse per afferrarla, ma fortunatamente ciò non accadde. Tuttavia, ciò non evito che la rabbia le salisse al cervello. Non era giornata, ma questo lo avevo gia detto.
Afrodite strinse i pugni, ben consapevole che parlare con quell'uomo non sarebbe servito. Avrebbe dovuto usare le maniere forti.
« Quante volte ti devo uccidere? »
Ringhiò nuovamente, voltandosi con minacciosa lentezza verso l'uomo.

CITAZIONE
Hiban
"Circolo del Fuoco". Questa tecnica rende possibile il "richiamo" di un sinuoso serpente di fuoco, ma in realtà è semplicemente un turbine di fiamme che assume questa forma minacciosa. Il serpente, dopo essere stato richiamato, appare attorno ad Afrodite circondandola. Attacca poi, secondo il volere dell'evocatrice, investendo il nemico e inglobandolo all'interno del suo corpo di fiamme, ferendolo con la forza delle stesse.

Un enorme serpente di fuoco andò a formarsi nell'aria, scendendo poi per avvolgere la sua evocatrice con un movimento sinuoso. La donna puntò un dito in avanti, indicando Furius e immediatamente il serpentone seguì quella direzione, spalacando le fauci pronto a papparsi quell'uomo in un boccone.
Forse aveva esagerato? Ma anche no.
Scalciò le scarpe e gettò la vestaglia su un letto. Sarebbero state d'intralcio al combattimento che stava per susseguirsi.



 
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view post Posted on 6/12/2010, 00:54

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[Furius Khahn Van Kalel]

Ebbe appena il tempo di osservare la ragazza voltarsi verso di lui e di notare il suo sguardo contrito dal disprezzo e dalla furia, che un enorme serpente fiammeggiante venne richiamato attorno alla ragazza, avvolgendola tra spire che sembravano non arrecarle alcun danno.
Spalancò gli occhi incredulo, mentre assisteva a quella dimostrazione di enorme potere. Che dopo il comando della rossa, stava giusto per inghiottirlo tra fauci di fuoco. Doveva pensare a qualcosa, velocemente. Era sicuro di avere un pessimo sapore, una volta fatto arrosto.
In pochi istanti sotto gli occhi di Furius passarono un divano, un corridoio, un angolo che dava su un altro corridoio, una finestra...
« FINESTRA! » urlò mentalmente, e nel frattempo le sue gambe si erano già mosse proiettandolo verso la parete, determinato a guadagnarsi la salvezza sfondandola col suo corpo. Prese un lembo del mantello e ci si nascose dentro, appena prima di spiccare un balzo e mormorare un aspro « Fanculo. »
Il vetro esplose verso l'esterno in una miriade di frammenti, ed il serpente che seguì la figura di Furius bastò a dare l'illusione che fosse stato proprio lui ad infrangere la finestra, come se un'esplosione si fosse propagata in un unica direzione partendo da dentro la villa. Grazie al mantello di spesso tessuto aveva evitato che le schegge potessero graffiarlo, ed a parte il grande calore del sortilegio appena dietro di lui poteva dire di esser scampato indenne a delle brutte ustioni di primo e secondo grado... Almeno se non si pensava che stesse sorvolando il giardino della magione. Quando cominciò a cadere poteva sì cominciare a tranquillizzarsi per essersi definitivamente lasciato alle spalle il serpentone, ma le vertigini allo stomaco dissiparono ogni pensiero felice, perlomeno finché l'umano non andò a conficcarsi in una grossa siepe che separava il lastricato attorno alla villa dal suo giardino.
Il penetrante scricchiolio dei rametti gli aveva fatto pensare di essersi rotto almeno qualche costola, ma ancora una volta doveva benedire il suo equipaggiamento. I rametti erano sottili e fragili, e bastavano ad attituire la caduta solo in parte dato che partivano da rami centrali via via sempre più corpulenti, ma era atterrato di schiena, e portava lo scudo a tracolla. Dopo qualche secondo volto a riprendersi dall'impatto scivolò giù dal vero e proprio cratere che si era venuto a creare nel grosso cespuglio, si scrollò di dosso i frammenti di cristallo, quindi si incamminò con passo svelto verso l'ingresso, guadagnandosi l'entrata sfondando la porta con un calcio.
Ora aveva motivo di essere incazzato, a quel paese la gentilezza e tutto il resto, dato che non era stata utile perché gli venisse reso quello stramaledetto libro. Si tolse lo scudo dalle spalle e lo imbracciò sull'arto sinistro, mentre la mano destra si armò con un pugnale da lancio, quindi si lanciò a passo svelto all'interno della villa raggiungendo una sala dove ampie scale portavano ai piani superiori.
« AFRODITE! Venite fuori! Sono venuto per prendermi quel libro, fosse l'ultima cosa che faccio! E se non volete darmelo, sarò io a strapparvelo dalle mani! », gridò Furius, deciso ad attirarla verso di sé. Ormai era guerra, e guerra sarebbe stata pur di ottenere ciò che desiderava.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 7/12/2010, 14:51




suoi occhi, di una strana sfumatura grigio-verde, erano attenti, scrutatori e dimostravano di aver preso seriamente ciò che di lì a poco sarebbe accaduto. Le sfuggì un ringhio. Si era lasciata ingannare dal destino, lei che mai aveva creduto di poter essere in tal modo scottata.
Corse lungo gli ampi corridoi illuminati, imprecando mentalmente, con la furia di un animale selvatico. Afferrò una balestra appesa ad una parete, staccandola dal muro con ben poca delicatezza, ma non se ne importava. Avrebbe mandato al diavolo tutto ciò che la distingueva dalle altre dame, eleganza, raffinatezza. Era veramente, ma veramente incazzata.
Sentì un gran frastuono, segno che il portone della sua dimora era stato abbattuto. Subito dopo, l'urlo di Furius. Per cosa combattevano? Alcuni uomini combattevano per loro stessi. Per riportare a casa la pelle, per qualcuno in cui credevano, per l'amore. E sarebbero morti rimpiangendo quei pochi istanti di gioia che avevano sperato. Lei invece combatteva per la gioia di combattere. Non le importava come sarebbe finita. Combatteva per uccidere il nemico successivo, per fare in modo che non trafiggesse lei. Combatteva per combattere. Le labbra si contraevano in un sorriso che non era più il suo. Era il sorriso delle Voci, il sorriso della vendetta e del sangue. Della morte. Che sarebbe giunta come un fiume su quelle mura incapaci di arginarlo.


remette. Era accanto al muro, a pochi passi dalla scalinata che l'avrebbe condotta al piano di sotto. Al suo bersaglio. Lanciò un'occhiata alla sua balestra, prendendo in considerazione che l'ospite indesiderato potesse seguire la sua mossa e prendere le armi posate sui muri della sua casa. Non l'avrebbe permesso. Tirò un pugno al muro. Forte. No, non era un gesto di rabbia. Dal suo pugno sul muro andò diramandosi una sottile scia evanescente, di una tonalità indefinita di blu, che andò strisciando lungo la parete, avvolgendo le spade, i pugnali, e le altre poche armi. Un sottile scudo andò ad avvolgerle, una per una. Adesso non solo Furius non avrebbe potuto toccarle, ma si sarebbe anche ustionato nel farlo.
Sorrise.
Il fine giustifica i mezzi, si usa dire.
E una guerra era pur sempre una guerra.
Scattò in avanti, veloce, la balestra stretta nella mano destra. Invece di correre, abbassò lievemente il busto per scivolare con una gamba lungo il pavimento lucido. Il suo occhio notò appena un Furius indiavolato all'entrata, armato di scudo. Non se ne curò. Il braccio e la punta della balestra puntarono il grande lampadario appeso al soffitto. Immediatamente la freccia venne scoccata alla corda che manteneva il lampadario in equilibrio, spezzandola, proprio sopra il corpo di Furius.

 
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view post Posted on 8/12/2010, 22:35

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[Furius Khahn Van Karel]

Trasalì e si volse di scatto verso i piani superiori, quando il rumore sordo di un colpo contro il muro ruppe il silenzio della villa immersa in una tenue luce. Immediatamente dopo una sottile linea di luce cominciò a serpeggiare lungo tutte le pareti, sia nel suo campo visivo che oltre, avvolgendo in modo molto sospetto le armi appese su di esse. La sua esperienza di trappole e trucchetti era piuttosto fine nel corso di vari anni trascorsi ad accompagnare gli altri Viandanti e Camminatori durante i pattugliamenti, nelle avanscoperte e nelle esplorazioni. Nonostante non esistesse Esploratore che non l'avese infranta o che fosse pronto ad infrangerla, conosceva benissimo la regola del "non conosci, non toccare".
« Bel trucco Afrodite. Ma non sono così sprovveduto come pensate. », pensò l'umano con un ringhio, almeno finché la figura della dama non uscì allo scoperto dal suo nascondiglio scivolando accovacciata mentre brandiva una... « Balestra?! » Il dardo che scoccò saettò verso la corda che manteneva appeso il lampadario, colpendola con una precisione chirurgica. Ammirevole! Ma per sua fortuna, i dardi che venivano impiegati dalle balestre erano dotati di una robusta punta volta perlopiù a sfondare e perforare le corazze, e non certo provviste di lame e barbigli come potevano esserlo le frecce: il dardo colpì si la corda, destabilizzando pericolosamente il grande e pesante lampadario, ma non bastò a tranciarla di netto. Un ghigno prese il posto della sua espressione neutra ma concentrata mentre vedeva oscillare il lampadario sopra la sua testa. Con uno scatto in avanti si portò oltre la portata di questo, mentre la corda terminava di sfilaccairsi e si spezzava sotto il peso dell'oggetto, cosa che venne seguita da un prevedibile schianto assordante di vetri e cristalli infranti, mescolato con la risata sguaiata di Furius, propria di chi ha appena scampato per un soffio un brutto guaio. Un attimo di esitazione in più e sarebbe rimasto sotto il lampadario, o in una visione più ottimistica tale destino sarebbe spettato almeno a metà del suo corpo. Mentre il tininnìo dei frammenti che rimbalzavano sul pavimento e sulle mura non si era ancora arrestato, il giovane si lanciò su per le scale che lo conducevano verso Afrodite, mentre le risate echeggianti si quietarono solo per lasciare spazio alle sue parole.
« Bella prova milady! Ma se volete usare il vostro prezioso arredamento come un'arma, vi consiglio di usare corde meno resistenti nelle prossime occasioni! »
Nel frattempo aveva scagliato il pugnale con uno scatto del braccio destro, indirizzandolo verso la ragazza che era tutt'ora inginocchiata a seguito del movimento che aveva fatto per uscire da dietro l'angolo. Questa cosa non gli avrebbe permesso la reattività e l'agilità necessaria a schivarlo attivamente, il che rendeva quel pugnale un candidato ideale per la prima ferita inferta da parte di Furius. Le scale erano piuttosto brevi ed in pochi rapidi passi divorò quella distanza, quindi sguainò la spada ed una volta raggiunta Afrodite in cima al pianerottolo sferrò un'affondo al costato sinistro della rossa, una zanna d'acciaio che sibilava parole di morte, la cui traettoria sarebbe stata aggiustata nel caso la ragazza avesse avuto il tempo di scattare in piedi offrendo una porzione di corpo differente. Se anche la rossa avesse avuto l'abilità militare tale di ricaricare con rapidità una balestra, sarebbe stata sempre distratta dal suo precedente attacco a distanza. Inoltre aveva sempre con sé il suo scudo.
Combatteva di nuovo per infliggere ferite letali, e ne aveva senz'altro il motivo. No, Afrodite non poteva capire la sua ferocia, la sua determinazione volta ad abbatterla! Non poteva comprendere la sua disperata ricerca di qualcosa che lo avrebbe dovuto portare indietro! Era questo il suo obiettivo, fin da quando nei primi minuti in quelle nuove terre si era accorto di non essere giunto a destinazione: doveva tornare indietro. Cosa rappresentava quella femmina in confronto a ciò che era il suo bisogno? La sua fame di battaglia sfumava d'importanza e faceva di lei più simile ad un pittoresco personaggio, poiché lui perlomeno aveva qualcosa per cui valeva la pena snudare la sua spada. Oh, lo sapeva, poteva dirlo! Afrodite combatteva per divertimento, mentre un intero mondo aspettava Furius oltre il velo di altre realtà. Doveva riguadagnarsi la strada per esso e se la ragazza lo ostacolava allora l'avrebbe tolta di mezzo, scansata con prepotenza, strappato di mano le chiavi per continuare lungo quel sentiero. Se i suoi pensieri avrebbero potuto sorridere, quello sarebbe stato il momento in cui lo lo avrebbero fatto. Perché no... Ma più tardi.
 
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[».Leila~.]
view post Posted on 9/12/2010, 19:35




on bene. Quel dannato bastardo era riscito a sfuggire al suo attacco. Fece poco caso al lampadario che si sfracellò al suolo, con un gran baccano, spargendo ovunque i suoi resti. Un inferno di cristallo che non aveva avuto l'effetto sperato, ma non si diede per vinta. Quello era solo l'inizio. Gli occhi di lei erano rimasti fissi sull'uomo, stretti, affilati. Una volta scoccata la freccia, subito un'altra andò a sostituire il tiro della balestra, senza alcun movimento da parte sua.
Magia. Beh, non ne avrebbe certo fatto a meno. Era sempre un'ottima cosa saper destreggiarsi tra gli incanti e gli scontri fisici, non tutti sapevano esserne capaci. E Afrodite, nella sua enorme arroganza, non era certo una tipa che si sminuiva. No, lei sapeva di poter dare il massimo, di poter ridurre in ginocchio e sanguinante quel misero uomo. Vide un pugnale indirizzarsi verso di lei, lanciato dalla destra di Furius. Per chi l'aveva presa? Prontamente, tutto il suo corpo si tese per un eventuale difesa, e senza pensarci troppo rotolò sul suo lato sinistro, lungo il pavimento freddo. Ora occorreva riflettere. Scoccare nuovamente la freccia sarebbe stato inutile, Furius aveva uno scudo con se e avrebbe potuto facilmente ripararla. Quindi c'era una cosa da fare, inanzitutto: privarlo del suo amato scudo.

n pochi attimi, Furius divorò la distanza che li separava e sguainò la spada, cercando di indirizzare un affondo al suo costato.
Forza bruta.
Le venne da pensare. Era una situazione parecchio familiare nelle battaglie. Era anche rapido e per questo un suo attacco diretto - unito al peso di arma più velocità d'attacco -, sarebbe stato pericoloso e difficile da evitare. Non rispose alle sue provocazioni: preferiva concentrarsi sulla battaglia.
Vaffanculo.
Strinse la balestra con la mano sinistra, mentre evocava rapidamente la falce nella destra e la portava appena sopra il suo corpo, giusto in tempo per pararsi con la lama piatta e ricurva dal colpo di Furius. La fece mulinare nel vuoto, e quella parve tagliare l’aria per mezzo della bizzarra scia cromatica che la seguì; uno strale d’ametista, tanto etereo quanto era reale la minaccia insita nel socchiudersi di quegli occhi verdi da gatta. Si limitò a schioccare sonoramente la lingua e sparare un proiettile di sguardo all’indirizzo della sua falce, proiettata indietro nel preludio di uno scatto, come dire… felino. Il sorriso fù subito annegato in una maschera di indifferenza tale da far dubitare della sua sanità mentale.


CITAZIONE
Kongosoha (Colpo a lancia di diamante)

Un attacco che parte dalla falce di Afrodite, non troppo complesso. Con questo attacco la lama dell'arma assume l'aspetto di un enorme blocco di diamante, materiale di cui quest'ultima è composta. Durante l'attacco si somma la forza d'impatto di centinaia di punte di diamante che partono dall'arma, cui sono in grado di frantumare anche le barriere demoniache.

mpugnò con forza il manico della falce, indirizzando un violento colpo allo scudo di Furius - che sicuramente, per riflesso condizionato, avrebbe cercato di riparare. Al momento giusto, la balestra aspettava vibrante e pronta a colpire.


Edited by Ayame; - 9/12/2010, 23:46
 
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view post Posted on 18/12/2010, 01:37

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Come c'era da aspettarselo, la rossa evitò il pugnale da lancio con relativa facilità. Ma nel succedersi di eventi che seguirono immediatamente dopo, fu piuttosto sorpreso -anche se non lo diede a vedere- di osservare quante azioni fu capace di mettere in sequenza. Quando le fu addosso notò con un colpo d'occhio che la balestra era già carica e pronta a scagliare, cosa di cui non riusciva a capacitarsi, e durante l'affondo vide letteralmente apparire la lama della falce di Afrodite davanti a sè, frapponendosi tra i due e schermandola dall'attacco. Subito dopo lei la caricò indietro per rilasciare molto probabilmente un attacco molto potente... Ma se pensava che l'attacco di Furius si era infranto contro quella falce maledetta, la rossa si sbagliava di grosso. Nell'estasi del combattimento, nulla poteva fermare la danza delle lame. Il ragazzo camminava già sul sottile confine che separava un combattimento statico e dalle azioni ponderate, costituito da attacchi e semplici risposte, da una frenesia di movimenti fluenti capaci di intrecciarsi con quelli dell'avversario. Solo quando entrambi i contendenti riuscivano a fondere i loro sgualembri, stoccate, fendenti e parate, allora il combattimento assumeva quella caratteristica di armoniosità che faceva di un duello qualcosa di inebriante e con una spiccata nota artistica. Ma pensava ancora troppo ai duelli delle fiere delle piazze elaviane, come il glorioso giorno in cui vinse la tenzone di spada in quel di Vitae Orbis, oppure alle appassionanti lezioni del Duca Edhelion quando era ancora un Maestro della Gilda degli Esploratori. Purtroppo in quel momento lo scontro non aveva certo la finezza e l'eleganza di un duello di spada, ma... l'importante era non perdere il ritmo! Era strano che quella donna così elegante non fosse capace di trasporre la propria grazia anche nel combattimento, di cui poteva essere sicuro che non fosse una novizia. Una rosa rossa con spine a lama di falce, capace di suscitare negli animi degli uomini un desiderio sfrenato; poteva immaginarlo.
« Quanti uomini avranno lasciato una stilla di sangue su quello stelo così perfetto e sensuale, modellato da mani soprannaturali? », si chiese, senza potersi dare risposta. Ma le domande da cortigiano da strapazzo non lo competevano. Più cercava di filosofeggiare sulla figura che gli si parava davanti, più il desiderio della rivalsa tornava a riprendesi prepotentemente il possesso dei suoi pensieri. Come poteva pensare, con una folle donnaccia di fronte decisa a strappargli le gambe, e che stava per far calare una falce di diamante sulla sua testa?
L'ultimo punto suonava in modo decisamente interessante. La nota stonata su cui fondare il suo controcanto. Armi ingombranti e poco maneggevoli andavano poco d'accordo con l'agilità, la tecnica e l'astuzia (o opportunismo che dir si voglia) di Furius, anche se non era un individuo tanto arrogante da autodefinirsi tale.
Chissà, forse avrebbe potuto parare quell'attacco con lo scudo, ma aveva smesso al tempo di ricorrere a soluzioni avventate e di dubbia efficacia per la risoluzione di un problema. Diamine, era come chiedergli di parare il colpo di un ariete da sfondamento. Non era una cima, ma non era nemmeno stupido fino a questo punto. Oltretutto, perché parare quando si può schivare, risparmiando così energia e lasciando che il nemico apri la sua guardia? Afrodite gli aveva concesso fin troppo spazio, aveva portato a termine troppe cose insieme in troppo poco tempo. E lui era troppo vicino.
Con una semplicità disarmante, dopo che il suo affondo fu deflesso, Furius non arrestò la sua corsa, accorciando sempre più l'esigua distanza tra di loro e potendendo lo scudo davanti a sè mentre la ragazza caricava il suo attacco ibridato con la magia, uscendo così dalla zona minacciata dalla lama di falce; quindi si chinò leggermente in modo che la scomoda arma impugnata con una sola mano -che rendeva la cosa ancora meno pratica- non potesse colpirlo almeno con il manico. Con il solo movimento si era portato fuori dalla portata dell'attacco avversario, ed era intenzionato a colpire Afrodite con una carica effettuata con lo scudo, tentando di schiacciarla contro il muro. Non contento, la lama di Furius sibilò insinuandosi nella guardia di Afrodite e guizzò dal basso verso l'alto decisa a recidere i muscoli sotto la spalla sinistra, in modo da evitargli o rendergli molto problematico qualsiasi movimento con quell'arto.
 
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20 replies since 29/1/2010, 22:56   1903 views
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